Soddisfazione per associazioni apistiche, agricole, ambientaliste. Francesco Pannella: “Ora tocca a noi”
Il Parlamento francese ha definitivamente approvato la legge sulla biodiversità: in particolare spicca il divieto assoluto d’uso dei neonicotinoidi in Francia dal 1° settembre 2018. Saranno possibili eventuali deroghe solo entro il 1° luglio 2020. Ma prima devono essere sottoscritte congiuntamente dai Ministeri di Agricoltura, Ambiente e Salute. La notizia è ovviamente accolta con estrema soddisfazione da sindacati, associazioni apistiche, agricole e ambientaliste che riconoscono l’importante passo in avanti fatto in favore di apicoltura, agricoltura e ambiente. Sia per la Francia, che per l’Europa. L’opinione pubblica si auspica una ferma determinazione nel difendere questa decisone e non consentire ripensamenti. D’altra parte si preannuncia quantomeno contrariata e rabbiosa la reazione di alcuni colossi come quelli dell’agrochimica. Crop Science, divisione della più celebre Bayer, che in Francia detiene un business di centinaia di milioni di euro, sostiene che questa decisione “non fornirà una risposta concreta alla causa di mortalità delle api” e che il rischio è quello di creare “un vicolo cieco per economia e agricoltura francese”. FNSEA, principale sindacato agricolo francese, promette che tenterà di cambiare la legge entro il 2018 per salvare alcune produzioni, come quella della barbabietola. Sulla vicenda, il presidente dell’associazione apistica europea Bee Life Francesco Pannella, commenta: “Contiamo che a questo passo in avanti fatto dalla Francia si affianchino presto altri paesi. In primis quelli contaminati dalle molecole sistemiche, come ad esempio l’Italia, e che in seguito si estendi a tutta l’Europa”. Pannella inoltre aggiunge un’importante considerazione: “Una volta applicate le nuove misure di valutazione dell’impatto e costo dei neonicotinoidi, le istituzioni saranno obbligate a prendere atto che è ora di voltare le spalle all’approccio biocida e di conseguenza cambiare registro. Se si smettesse di affidarsi alla cosca di venditori di chimica e loro affini, un’agricoltura sostenibile sarebbe finalmente possibile”.